Come creare una buona reportistica aziendale

Quando si sta redigendo un meeting periodico o un’analisi di bilancio annuale, spesso ci si ritrova a spendere molto più tempo del necessario, semplicemente cercando la “forma” giusta da dare al documento finale. In questi casi farebbe comodo quella facilità nella creazione di reportistica aziendale che molte persone maturano dopo anni trascorsi in azienda.

Il report è la presentazione di un’idea o di una serie di dati a delle persone titolate a prendere decisioni, oppure il primo passo per dimostrare la credibilità o fattibilità di un proprio progetto. Per questo, creare un report aziendale professionale è un’attività delicata, che si padroneggia con l’esperienza e seguendo, in ogni caso, alcune regole di base.

Le fasi per creare un buon report aziendale

La reportistica si compone di tre fasi.

1) Scelta del tipo di report

Il report può essere la presentazione di uno studio di fattibilità, un’analisi di Business Intelligence, oppure semplicemente la parte visual di una riunione periodica con il proprio team.

Le tipologie sono molteplici, ma è importante selezionare quella più in linea alle proprie esigenze, adeguando lo stile comunicativo e stabilendo il modo in cui sarà presentato il flusso dei dati. A volte è necessario redigere dei report periodici per tenere traccia dei KPI ed eventuali ottimizzazioni da mettere in atto per migliorare le performance.

2) Analisi dei dati che si hanno a disposizione

Il primo passaggio per la creazione di un buon report è la selezione dei dati da presentare. Infatti non sempre si hanno a disposizione tutti i dati che si vorrebbero, ma in ogni caso è importante usare le informazioni in possesso per prendere decisioni utili per il futuro.

Ad esempio, potrebbe essere necessario stilare un report che misura le performance dei dipendenti dell’azienda. In tal caso, bisogna raccogliere le informazioni che servono da diversi indicatori, come il numero di progetti portati a termine nel primo trimestre dell’anno in corso e dell’anno precedente.

Oppure, un altro tipo di report potrebbe riguardare la proposta di una nuova funzione per il software aziendale. In questo caso i dati da utilizzare per convincere della fattibilità dovranno essere raccolti da più ambiti, operando un confronto economico tra il software precedente e la nuova funzione che si propone, oppure presentando una stima concreta del tempo che si prevede di risparmiare. In questo caso, si può prendere spunto da un feasibility study (studio di fattibilità) e valutare quale tipo di dato viene presentato in questo genere di reportistica.

Può sembrare una considerazione banale, ma quando si è alle prime armi è molto comune perdere tempo nella creazione di report cercando dei dati introvabili.

Ecco un esempio concreto: a un dipendente appena assunto in azienda viene richiesto di creare un report sui bug in una determinata funzione del gestionale. Il dipendente, come ragionevolmente ci si aspetta, usa per il suo report i dati delle segnalazioni che gli altri membri dell’azienda hanno inviato tramite un apposito form.

Può sembrare un processo lineare, ma ci si è accertati che queste segnalazioni vengano compilate con solerzia dai dipendenti? Se i dipendenti non compilano i form di segnalazione, per motivi di tempo o perché non sono stati formati nel procedere correttamente, allora questo set di dati non è rappresentativo della realtà. L’incaricato di stilare il report dovrà attingere da altre fonti.

3) Creazione del report

La fase della creazione deve indirizzare tutti gli sforzi nel veicolare un messaggio chiaro e comprensibile al destinatario del report.

È molto importante anche la scelta del formato: se si ha a disposizione un formato aziendale interno, è da prediligere in quanto riporterà una grafica riconoscibile e garantirà coerenza comunicativa.

Se ci si ritrova quindi nella delicata fase di creazione di un report aziendale, sarà utile qualche esempio concreto.

Esempi di reportistica aziendale

La scelta del contenuto del report varia a seconda dell’obiettivo e della platea alla quale ci si rivolge. È importante chiedersi sempre: qual è lo scopo del report? A quale pubblico si sta parlando? Qual è il messaggio che si desidera comunicare?

Molto spesso si assiste a presentazioni troppo tecniche per un uditorio generalista, oppure viceversa a presentazioni generaliste per gruppi di lavoro che avrebbero bisogno di informazioni più specifiche. Ecco perché è importante seguire delle strutture di report prestabilite.

Facciamo alcuni esempi:

1) Report periodico di performance
  • Introduzione: gli aspetti salienti delle performance misurate devono essere sintetizzati in poche frasi. Essendo un report periodico, non è necessaria un’introduzione in cui si spieghi il motivo del report;
  • Visualizzazione dati: non esiste report efficace senza una buona visualizzazione dati. In questa parte è opportuno inserire grafici e tabelle, i quali semplificano la lettura e rendono chiari nell’immediato i risultati. Questi andranno aggiornati periodicamente per produrre il successivo report periodico.

Di norma la funzione di un report periodico è quella di ispirare la successiva discussione del team, quindi il report può dirsi concluso dopo aver mostrato tutti gli indici d’interesse.

2) Report di fattibilità
  • Introduzione: spiegare la soluzione che si propone, il metodo e le tempistiche di applicazione e chi sarà il responsabile. Leggendo questa introduzione, il destinatario del report dovrà avere ben chiaro il contesto di quanto proposto;
  • Analisi della situazione esistente: dall’analisi, che può strutturarsi in vari modi, deve emergere un problema;
  • Proposta di una soluzione al problema;
  • Esempi concreti di applicazione della soluzione proposta: bisogna aver cura di indicare tutti i settori più critici, in modo da fugare i dubbi del pubblico sul nascere;
  • Conclusione: riprendere i concetti esposti nell’introduzione e commentarli alla luce degli esempi concreti presentati nei punti precedenti.
3) Report di analisi dati
  • Introduzione: si manifesta il motivo dell’analisi e la domanda che ci si è posti prima di iniziare;
  • Spiegazione del processo di analisi intrapreso: questa fase è molto importante perché consente al destinatario del report di capire dove è possibile intervenire, prendere delle decisioni o richiedere ulteriori approfondimenti;
  • Visualizzazione di dati: attenzione a far corrispondere ogni grafico o tabella a una domanda ben precisa. Meglio evitare di riportare fogli Excel o database “grezzi”, che non mostrino chiaramente una tendenza;
  • Conclusioni: può essere un buon segno di proattività, anche se non è richiesto, presentare non solo una conclusione/riassunto dell’analisi effettuata, ma anche delle decisioni utili per migliorare la situazione.

Ultima fase: la rilettura

Anche se si sta compilando un report giornaliero di routine, è importante rileggere la forma grammaticale e sintattica, ma soprattutto riguardare le visualizzazioni dati per verificarne la coerenza.

Può capitare di inserire un grafico che non è rappresentativo della conclusione che si sta traendo, magari semplicemente perché è posizionato troppo presto o troppo tardi nel corso dell’argomentazione.

In generale è sempre consigliabile stilare il report, dedicarsi momentaneamente ad altre attività, e poi tornare a leggerlo “a mente fresca”, per valutare se il messaggio veicolato sia quello giusto.

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