Andrea Casarosa è il CEO di eNetworks, società nata nel 2001 che oggi opera nella digital trasformation. «Siamo nati come assistenza informatica – ricorda – nel tempo ci siamo evoluti, abbiamo acquisito competenze e negli ultimi tempi siamo cresciuti molto sulla parte digital, tanto che oggi ci proponiamo come partner per la digital trasformation delle pmi. Un aspetto che non tralasciamo è la formazione».
Fonte: “A caccia di talenti”, Millionaire, n.11, novembre, 2021
Quest’anno eNetworks compie 20 anni. Guardandosi alle spalle che cosa vede?
«Sono stati vent’anni di dinamico impegno, di innovazione, di aggiornamenti, di evoluzione, di fiducia, vent’anni in cui abbiamo trasformato e allargato sempre il nostro ventaglio di servizi allineandoli a una tecnologia sempre in evoluzione.
Sono stati anni di cambiamenti, di successi e di soddisfazioni: abbiamo collaborato con un numero sempre crescente di partner che ci hanno scelto e che ci scelgono ogni giorno. La nostra azienda vive di persone, della loro esperienza, di know-how, della capacità di risolvere problemi e soprattutto di idee. Un famoso proverbio africano dice: “Se vuoi andare veloce, vai da solo. Se vuoi andare lontano, corri insieme a qualcuno”. Credo che siano le parole che meglio ci rappresentano».
E infatti oggi avete più di 100 collaboratori: come siete arrivati a questo traguardo?
«Siamo sempre stati determinati a individuare, introdurre e coltivare nuovi talenti per formare un gruppo capace, ambizioso e responsabile, il che ha posto le basi per la nostra continua crescita. Offriremo a tutti i talenti la libertà di crescere e l’opportunità di venire ricompensati, in modo che ognuno possa esprimere al meglio il suo potenziale. Anche nei prossimi anni proseguiremo su questa strada: siamo certi che il nostro cammino sarà fortemente influenzato dalle persone. Non a caso cerchiamo continuamente persone, siamo in selezione continua. Dagli sviluppatori dei dati, ai Business Analyst, in generale cerchiamo nuovi talenti».
Negli anni il vostro focus è cambiato e oggi siete maggiormente concentrati sulla trasformazione digitale. Che cosa vuol dire digitalizzare un’azienda?
«Significa scegliere un modello di business data-driven, il che permette scelte strategiche e lungimiranti nel quotidiano dell’azienda. In altre parole, vuol dire non operare tramite processi basati sull’esperienza o sull’opinione delle persone, ma attraverso decisioni supportate dai dati. I quali, a nostro avviso, sono generatori di valore del business».
Ma la trasformazione digitale è appannaggio di tutte le aziende, anche di quelle più piccole?
«Certo, la trasformazione può essere affrontata dalle aziende di ogni dimensione e settore: la digitalizzazione le mette nelle condizioni di prendere delle decisioni in tempo reale, perché supportate dalla possibilità di valutare gli scenari futuri. La pandemia in questo senso ha insegnato molto: le aziende che avevano già intrapreso un percorso di trasformazione digitale sono state in grado di reagire in modo efficace a questo evento improvviso e straordinario, modificando velocemente i processi e le strategie e mostrandosi resilienti».
Ma per digitalizzare un’azienda è sufficiente introdurre innovazione tecnologica? È vero che la pandemia ha accelerato le richieste? E quali sono i vantaggi tangibili della digitalizzazione?
«In questo momento è indubbio che le richieste di digitalizzazione siano in crescita, le aziende vivono un momento in cui necessitano di risposte immediate. E proprio questo è uno dei vantaggi tangibili della digitalizzazione: le imprese sono più rapide nella valutazione, inoltre si riducono gli errori e si velocizzano i tempi di risposta. Ma, a nostro avviso, ancor prima di parlare di strumenti e tecnologie da applicare, il primo passo che ogni azienda dovrebbe compiere è introspettivo: occorre valutare il proprio livello di cultura digitale e capire quale sia il percorso più adatto per digitalizzarsi.
Penso che un aspetto fondamentale sia proprio la formazione dei collaboratori: la loro alfabetizzazione digitale è indispensabile».
E poi quali sono gli altri fattori da considerare?
«La strategia digitale di un’azienda passa da tre fattori, le tecnologie, le persone e i processi. Sul fronte delle persone è indispensabile definire un programma di formazione strutturato per introdurre la cultura digitale aziendale e metterlo a disposizione di tutti i collaboratori. Sul fronte dei processi, invece, è necessario analizzarli per capire quali siano le possibili applicazioni tecnologiche (Big Data, IoT, Data Analytics, IA, Machine Learning) che permettano di migliorare le performance e la produttività. Infine, sul fronte delle tecnologie, oggi quelle maggiormente abilitanti per le piccole e medie imprese sono sicuramente il Cloud Computing, per storicizzare le informazioni e salvarle in modo sicuro, e il Data Analysis per gestire e impiegare al meglio tutti i dati ottenuti. È inoltre importante creare dei cruscotti relativi ai principali ambiti: finanziario, produttivo, HR. Ciò consente di stabilire dei KPI (Key Performance Indicator) mirati a gestire degli indici specifici che permettono di monitorare l’andamento aziendale e di prendere decisioni basate sui risultati ottenuti».
Voi fate anche formazione? Come vi ponete nel rapporto con i vostri partner?
«Per prima cosa va detto che i nostri interventi non sono one shot, con i nostri partner intraprendiamo percorsi di collaborazione continua, che possono durare mesi, anni. Nell’ambito di questo rapporto anche la formazione ricopre un aspetto importante: possiamo fare formazione specifica su alcuni ambiti, per esempio possiamo insegnare come utilizzare e interpretare i dati, oppure possiamo provvedere alla formazione continua in quelle aziende che non sono strutturate per avere dei corsi interni. In ogni caso tutti i nostri corsi possono essere personalizzati sulle necessità del partner».
Che obiettivi vi siete dati per il futuro?
«La parola d’ordine, per il 2022, è potenziare il nostro business sia in termini di trasformazione digitale, sia di formazione. E poi allo studio abbiamo un importante progetto di internazionalizzazione. Ma è ancora presto per parlarne».