Il project manager è come un direttore d’orchestra che sa valorizzare le performance di ogni suo musicista facendole confluire in un’unica sorprendente opera corale. È così che Giorgio Copponi vede il proprio lavoro in eNetworks. Oggi è arrivato a svolgerlo per un grande partner, occupandosi di progetti di respiro internazionale con alti budget e “alta tensione” ma anche molta soddisfazione.
Qual è il tuo ruolo e quali sono le tue principali attività?
Sono project manager, mi occupo dello sviluppo di software destinati ai collaboratori della società presso cui lavoro. Ciò significa gestire e controllare tutte le fasi del progetto, da quella di ideazione fino a quella di consegna del software al partner che, non sviluppandoli, si affida a fornitori esterni di soluzioni già impacchettate o da sviluppare. Il mio compito è quindi quello di selezionare i fornitori, valutarne le proposte e progettare la pianificazione dello sviluppo delle funzionalità che devono soddisfare le esigenze del partner.
È da tre anni che lavoro per la stessa azienda in cui, a luglio, mi hanno proposto di occuparmi di progetti di sviluppo software per l’area legale global avendo visto in me, oltre ad un buon project manager, anche una persona in grado di gestire con disinvoltura progetti internazionali in lingua inglese. Oggi devo infatti interfacciarmi non solo con i legali italiani ma anche con quelli degli altri Paesi in cui il mio cliente è attivo come ad esempio il Sud America, la Spagna e la Russia.
Ci descrivi una tua giornata tipo?
Quando non sono coinvolto in call e riunioni, trascorro la maggior parte del tempo a redigere report che sintetizzano gli accordi presi e a controllare che siano effettivamente rispettati dai vari team coinvolti nel progetto. Le attività, a seconda del periodo, possono essere molto diverse ed è anche questo il bello del mio ruolo. Adesso, ad esempio, stiamo ultimando la fase di rilascio in produzione del servizio sviluppato dal fornitore, siamo alla fine della fase di testing e poi dovremo proporlo al partner, colui che andrà a tutti gli effetti ad utilizzarlo. È un progetto di livello internazionale, quindi ci sono da affrontare tematiche linguistiche per la verifica delle varie traduzioni, e, trattandosi anche di un software nuovo, vanno organizzate le attività di training capendo come approcciare al meglio questa fase. In questo contesto emergono anche tematiche di business relationship perché è necessario mettere d’accordo persone che hanno punti di vista molto diversi. Io e il mio team siamo tra business line, fornitori e futuri utilizzatori del software, tre macro-stakeholder con esigenze molto differenti e dobbiamo metterle d’accordo gestendo anche gli aspetti psicologici della situazione.
Quali sono gli aspetti che maggiormente apprezzi del lavoro che svolgi oggi in eNetworks?
Ho sempre a che fare con progetti, magari simili, ma sempre diversi e con attori di vario tipo: ho sempre cercato e mi ha sempre attratto questo aspetto nel mio lavoro. Apprezzo molto anche il fatto di poter applicare quanto studiato dal punto di vista tecnico, ma ciò che è per me più stimolante è lo sviluppo delle soft skills che l’attività di project management richiede. Mi piace paragonare il project manager ad un direttore d’orchestra: deve capire un po’ di musica ma, pur non sapendo suonare tutti gli strumenti, deve condurre i vari talenti affinché il risultato sia un’opera musicale meravigliosa. Anche il project manager si trova a gestire “un’orchestra” di persone che spesso non ha scelto e deve riuscire a valorizzare le capacità di ciascuno dei musicisti, coordinando e integrando il lavoro di tutti per arrivare ad un risultato finale armonicamente perfetto. La sfida è quella di mettere d’accordo persone con talenti diversi, molto bravi nel loro campo ma che spesso hanno difficoltà ad accettare la presenza di altri accanto.
Quali sono quindi le soft skill che ritieni necessarie per svolgere un lavoro come il tuo?
Il project manager deve prima di tutto imparare ad essere un leader collaborativo. Molto importante è anche sviluppare la capacità di time management, per rispettare le scadenze garantendo la qualità richiesta, ma fondamentale è il saper individuare il modo per integrare i talenti di tutti gli stakeholder facendo sì che i loro singoli interessi siano in linea con lo scopo finale, ovvero la chiusura del progetto. C’è anche tanta psicologia nel project management, per appianare problemi tra i diversi attori coinvolti e che possono arrivare a bloccare il progetto. È molto importante saper ascoltare ed entrare in empatia, mettersi nei panni dell’altro e fare attenzione ad ogni piccolo dettaglio per conquistare la fiducia e il rispetto delle persone con cui si lavora.
Quali sono secondo te le principali sfide per chi ricopre il tuo ruolo?
Oltre alla sfida “da direttore d’orchestra” c’è anche quella del restare sempre al passo coi tempi per poter essere sempre in grado di proporre al proprio partner il meglio. Io lo rappresento di fronte ai fornitori, devo quindi essere aggiornato sui trend per anticipare le sue aspettative del cliente e saper valutare se ciò che mi viene proposto è davvero innovativo. Di fronte ai costi esposti dai fornitori devo capire se ne vale la pena e saper giustificare tali cifre nel momento in cui le comunico al mio cliente. Non deve mai accadere che si dica “però l’avremmo potuto fare in un altro modo”.
Come è iniziata la tua carriera e come sei arrivato alla tua attuale posizione lavorativa?
Mi sono laureato in ingegneria delle telecomunicazioni e ho subito avuto la fortuna di lavorare nel mio campo prima presso un operatore telefonico, sviluppando molti gli aspetti di project management, poi presso un’altra importante società di telecomunicazioni, dove ho ricoperto un ruolo più tecnico, quello di ingegnere delle radiofrequenze. Negli anni successivi ho avuto altre esperienze sempre meno tecniche e più manageriali, arrivando ad essere technical project manager che mi ha portato a gestire il team tecnico che si occupava della messa in esercizio e configurazione di apparati di telecomunicazione in fibra ottica.
Confermato il mio desiderio di sviluppare competenze di gestione dei progetti ho preso la certificazione di project management ISIPM, la corrispondente italiana della PMP (Project Management Professional), che mi ha aiutato tantissimo non solo a livello di curriculum ma anche per inquadrare meglio quello che pensavo di saper fare ma che nessuno mi aveva spiegato e capire come migliorare. Poi sono arrivato in eNetworks, dove cercavano un PM certificato per gestire progetti di sviluppo software per un grande cliente, lo stesso per cui lavoro anche attualmente. I primi anni mi sono occupato del sistema di controllo degli accessi dei dipendenti alle sedi: pensavo fosse solo questione di badge e ho scoperto invece tantissimi aspetti interessanti, dalla sicurezza al controllo, alle statistiche sulla presenza. Ora gestisco progetti per l’area legale caratterizzati da una forte componente internazionale, estremamente delicata. La mia business line sono i legali e tutte le linee superiori fino ad arrivare all’amministratore delegato, i progetti hanno tutti budget importanti e l’attenzione puntata affinché tutto vada a buon fine.
Cosa consigli a chi vuole diventare un project manager?
Sicuramente di prendere la certificazione, ma importante per comprendere diversi aspetti di questo ruolo. Più che delle competenze tecniche, che con un po’ di buona volontà si possono imparare, mi preoccuperei soprattutto di sviluppare le soft skill che ho imparato essere cruciali nel mio lavoro.
È necessario accettare di lavorare molto su sé stessi mettendo in discussione il proprio carattere, imparare man mano sul campo sviluppando l’ascolto attivo e la capacità di mettersi nei panni delle persone per diventare un vero leader collaborativo. La maggior parte dei progetti fallisce non per problemi tecnici ma per l’assenza di comprensione reciproca e integrazione armoniosa tra i diversi attori coinvolti. Per i futuri project manager è fondamentale saper lavorare su questi aspetti senza far prevalere il proprio carattere e lasciare che esso possa compromettere le buone relazioni createsi con le persone che ci si trova a gestire e a coordinare.